Secondo il filosofo Thomas Hobbes la rivalità è un dato inevitabile dell’essere umani. Egli sosteneva come la natura umana fosse competitiva ,e la vita ” una guerra di tutti contro tutti”.
Nell’Ottocento, i precursori della teoria dell’evoluzione sembravano consolidare con le loro teorie una visione della vita come una continua lotta per aggiudicarsi una quantità limitata di risorse.
Una delle conseguenze delle nuove teorie dell’evoluzione fu l’interesse espresso dagli psicologi infantili per la competitività e la gelosia dei bambini.
Nei primi decenni del Novecento diversi autori cominciarono a manifestare una certa preoccupazione per la rivalità fraterna.
I manuali dedicati all’educazione dei figli mostravano i bambini come creature cariche di invidia e dotate di capacità machiavelliche nel tramare contro gli altri, e consigliavano ai genitori di reprimere gli eccessi, per evitare che le nuove generazioni crescessero emotivamente sfigurate dal risentimento.
I manuali pedagogici di oggi prestano meno attenzione alla rivalità fraterna. In ogni caso, Claire Hughes, della Cambridge University, afferma che i bambini dimostrano inventiva e creatività quando devono scoprire cosa irrita i lor fratelli in misura maggiore.
Il grande umanista Michel de Montaigne, nel suo breve saggio ” Dello svantaggio della grandezza” sosteneva che farsi largo a gomitate lungo la strada per arrivare in alto mette alla prova la nostra capacità di pensare in maniera strategica, aiuta a coltivare virtù quali coraggio e resilienza.
Quelli che hanno “l’agio e la facilità del far inchinare ogni cosa davanti a loro si limitano a scivolare, non a camminare; stanno dormendo, e non vivendo” scriveva Montaigne.
(Tratto dal libro ” Atlante delle emozioni umane”)