La leggerezza

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La leggerezza probabilmente contribuisce ad allungare la vita e sicuramente la migliora.

In tutti i sensi, in qualsiasi angolatura e spigolatura, nei momenti nei quali il mondo sembra girare nel verso giusto e tutto quadra, e quando invece siamo presi da un naturale senso di sconfitta, di abbandono e di solitudine.

Ci sono molti testi che parlando di questo fondamentale stile di vita, ma quello insuperabile resta il libricino scritto da Italo Calvino in occasione delle 5 lezioni che doveva fare ad Harvard con le sue sei proposte per il nuovo Millennio.

La leggerezza, infatti, è uno sguardo per atterrare nel duro e faticoso quotidiano della vita, dall’alto, e non esserne travolti, dal basso. Non con l’occhio della supponenza o dell’alterigia, ma con un comportamento naturale che ci fa vedere le cose in profondità e allo stesso tempo le distanzia dall’affanno del presente.

La leggerezza ci avvicina all’altro, ci aiuta a sentirci comunità, a tessere il filo dell’empatia e della solidarietà.

Ci spinge fuori dall’indifferenza e ci porta nel campo libero del piacere di sentirci in qualche modo connessi, da relazioni anche sottili, leggere appunto, ma non per questo meno importanti.

Nel consentirci di «non avere macigni nel cuore», la leggerezza, un contrario della superficialità, è una forma di naturale prevenzione contro il rancore, l’odio, la voglia, anche feroce, di regolare, prima o poi, i conti.

Inoltre è energia, preziosa come un talismano quando la durezza della vita non ci fa sconti, da abbinare con qualche sana e ricorrente risata di alleggerimento.

Nelle prossime settimane approfondiremo l’argomento sotto altri punti di vista.

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