Le Flashbulb memories: i ricordi “flash”

Ricordi Flash

Ci sono sempre due tipologie di mente: quella cibernetica e quella umana con i suoi pregi e i suoi difetti. 

Qui noi parleremo della memoria della mente umana. 

Molti studiosi dalla seconda metà del 1900 fino ad oggi hanno trattato il tema della “fallacia” della memoria: ovvero, ciò che emerge per lo più, è quanto spesso i nostri ricordi vengono rielaborati nella nostra memoria “autobiografica”, una memoria che racconta i nostri vissuti esperienziali. 

Ma se dovessimo dire cos’è la memoria diremmo che è un articolato processo psichico di acquisizione, immagazzinamento e recupero delle informazioni. È la capacità di un sistema che ci consente di mantenere l’informazione nel corso del tempo.

La memoria, nel senso comune, è perciò uno strumento che ci consente di elaborare esperienze passate allo scopo di utilizzare le informazioni acquisite nel nostro presente. Ciò ci spinge a riflettere che, se non ci fosse la memoria, noi avremmo difficoltà a riconoscere la nostra identità e ad interagire nel nostro ambiente. 

La memoria, pertanto, sembra essere la base della nostra identità, di chi noi siamo.

Nel 1977, gli psicologi della memoria Brown e Kulik hanno proposto l’idea che i ricordi fotografici (le flashbulb memories) sono la base dell’esistenza del nostro “Io” nelle profondità della nostra mente. La nostra identità perciò vive – ed è in noi – attraverso i nostri ricordi e le nostre esperienze.

Ciò che fecero Brown e Kulik fu di dimostrare che i nostri ricordi sono a tutti gli effetti come delle istantanee fotografiche. 

Oggi  parleremo appunto, proprio di questa tipologia specifica della nostra memoria autobiografica: la “flashbulb memory”. Termine che dalla lingua inglese è traducibile come ricordo fotografico (o ricordo “flash”).

Questi ricordi – nello specifico – possono davvero essere paragonati a quell’indelebile “click” della tipica macchina fotografica che tutti noi conosciamo? 

La vera curiosità è che quando noi rievochiamo dalla nostra memoria avvenimenti storici (e magari importanti come ad esempio l’assassinio del presidente Kennedy o l’attentato alle torri gemelle di New York) noi siamo in grado non solo di datare il momento nel quale abbiamo appreso quella notizia, ma anche il modo e la circostanza in cui l’abbiamo vissuta.

Quel ricordo viene “stampato” nel “qui ed ora” risalente a quell’istante del passato, rendendolo nella nostra memoria una sorta di istantanea “congelata”.

Paragonando, allora, quei ricordi a delle istantanee fotografiche, ne scaturisce un’idea particolare: un’emozione particolarmente intensa produce una rappresentazione quasi fotografica dell’evento e persino del suo contesto fisico nel quale è nata.

All’inizio di questo articolo abbiamo citato la fallacia di alcuni ricordi autobiografici. 

In essi, alcuni difetti (o errori) si fanno strada nel corso del tempo – dove alcune rielaborazioni inconsce generano variazioni di un qualche ricordo – e quella “scatola della memoria” (che fa parte della storia della nostra vita) può subire a sua volta delle variazioni. Nella fallacia della memoria i ricordi sono spesso interconnessi ad altri eventi.

Ma non è questo il caso. 

In questa descrizione, infatti, le flashbulb memories, in quanto ricordi fotografici, sono anche l’eccezione alla regola. Ed è proprio questo che li rende davvero speciali. 

In altre parole, quei “ricordi flash” sono una forma di memoria che sembra non subire quei difetti di memoria: noi manteniamo in memoria la scena intatta. 

È pertanto una forma di memoria resistente all’oblio, oblio che altrimenti provocherebbe uno stato di decadenza del ricordo.

Dunque le “flashbulb memories” autobiografiche non ci ingannano. Questi ricordi ci riconducono a delle rimembranze – così indelebili (e chiare) nelle nostre menti – che possiamo talvolta “sentirle” come lontane, distanti ed estranee al nostro “qui e ora”, ma vive e sempre parti della nostra storia. Proprio come delle istantanee fotografiche. 

Le “flashbulb memories” è come se fossero ancorate a un tempo “congelato” nel passato.

Per concludere, è unicamente grazie alla nostra memoria autobiografica che è possibile conservare nella propria mente – e successivamente richiamare alla coscienza – un’esperienza collocata in un tempo e in un luogo ben precisi.

Possiamo dire che è questo il tipo di memoria che è parte integrante dell’identità di ciascuno. Per ciascuno di noi, tali esperienze vengono riunite in un’unità dotata di significato (che permane dentro di noi) dove i ricordi diventano vividi e tendenzialmente accurati. – e nonostante subiscano l’effetto del tempo – è grazie alle proprietà delle “flashbulb memories” che i ricordi continuano a rivivere in noi.

Ma ora ci chiediamo: “È proprio il legame tra le flashbulb memories e le emozioni che rende i ricordi flash fotografici apparentemente indelebili?” 

Ebbene sì. Gli studi psicologici delle recenti neuroscienze ci rivelano che le emozioni giocano un ruolo fondamentale nella formazione delle “flashbulb memories”: più un evento è percepito come nuovo – e sorprendente, sia in positivo che in negativo – e più il sistema limbico (cioè la parte del cervello deputata anche alla ricezione delle emozioni) elabora ed immagazzina l’evento in entrambi gli emisferi cerebrali. 

Perciò vengono “stampate” sia la novità dell’evento in sé, sia le circostanze in cui l’apprendimento dell’evento è avvenuto. 

È proprio per tale ragione che i ricordi fotografici vengono rievocati con la stessa intensità emotiva vissuta al momento dell’accaduto, resistendo maggiormente – rispetto ai ricordi ordinari – all’effetto del tempo.

Quindi le emozioni sono il vaccino della nostra coscienza rispetto al tempo.

Bibliografia di riferimento 

Testo elaborato da Lara Zanetti

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