Giudicare “leggera” o “pesante” una musica sia quantomeno improprio e tuttavia sono giudizi purtroppo molto diffusi.
Cominciando proprio da una celebre opera di Bach, le Variazioni Goldberg possiamo vedere come l’Aria che introduce l’opera nasconde il tema su cui sono costruite le trenta variazioni: è un tema composto da dodici note discendenti.
Se lo si estrapolasse e lo si eseguisse da solo, il tema sarebbe di drammatica cupezza, potremmo definirlo perfino “pesante”; ma Bach lo usa come sostegno armonico di un canto di tale lirismo, morbidezza e delicatezza, che nessuno potrà mai accorgersi del “peso” del tema sottostante.
Mozart non è da meno quando nel Requiem introduce, poco dopo le potenti note del Dies irae, l’angelica e paradisiaca sequenza del Lacrimosa, proprio allo scopo di ridurre il peso complessivo della sua ultima e drammatica composizione.
Passando a Beethoven scopriamo che un capolavoro di “leggerezza” è l’Allegretto della Settima Sinfonia. Dopo l’accordo perfetto in la minore con il quale viene definito e circoscritto l’ambito armonico in cui si muoverà l’intero movimento, un incipit di solo sedici misure, composte da pochissime note in gran parte ribattute e scandite da un ritmo elementare, esprimono fin da subito tutto ciò che seguirà.
Solo alla novantaquattresima misura Beethoven introduce una seconda melodia, ancora più light della prima, che gli permette di volteggiare con sorprendente leggiadria fino alla fine del movimento.
E’ leggendaria la delicatezza delle opere di Chopin, scritte in massima parte per pianoforte solo. Fra queste non si può non citare la Berceuse opera 57 in re bemolle maggiore che è quintessenza della leggerezza.
Questi pochi esempi, appartenenti a epoche e a mondi totalmente diversi tra loro, testimoniano quanto “leggera” possa essere la musica classica.